Il Sass del Pizz, un classico mai noioso.

E’ passato poco più di un anno da quando ho fatto questo giro con i mei due amici che mi accompagnano. Era una bellissima giornata come oggi, purtroppo l’epilogo non fu dei migliori per uno di noi, con un dito rotto nei metri finali dell’ultima discesa.

Forse non è il modo migliore di iniziare un racconto, ma è un giusto monito da prendere in considerazione: prudenza ed attenzione perché la fortuna non è sempre dalla nostra parte.

Partiamo dalla sede operativa di E-Wheels a Colazza, dove si possono comodamente noleggiare biciclette assistite se necessarie. Il percorso infatti è abbastanza impegnativo, non tanto per la lunghezza, circa 20 chilometri, quanto per il dislivello complessivo di circa 650 metri da affrontare fin da subito.

Nei 4 chilometri che ci conducono alle Cappelle dal Vago si passa infatti dai 550 ai 700 metri e specialmente nella prima metà le pendenze che arrivano al 8-9% rendendo l’avanzare impegnativo sulla forestale in gran parte coperta da sassi smossi e pietrisco e sporcata dalla fanghiglia generata dai numerosi rigagnoli che scendono dal costone. Dopo lo spettacolare belvedere che compensa l’immancabile fiatone provocato dai primi 100 metri di ascesa, la strada che aggira il motto Cassinaro e il M.te Tessera riprende più lineare e mite nell’ inclinazione consentendoci di arrivare alla fonte in poco meno di mezz’ora.

Un altro quarto d’ora di salita, in parte su rocce scoperte, ed arriviamo a ridosso del monte La Guardia a 800 metri, dove sulla destra iniziano le discese che i Lupi del Cornaggia hanno approntato per gli appassionati. Noi però proseguiamo in direzione dell’Alpe del Bosco, su un’ondulata gippabile in mezzo agli alberi. Arrivati al pianoro, quattro gocce ci preoccupano un po', ma la mantellina nello zaino e il meteo ricontrollato ci confermano che si tratta proprio della nuvola di Fantozzi. Quindi proseguiamo qualche centinaio di metri e al bivio scendiamo a destra sul VF3 (o “rocul”) perdendo circa 80 metri di quota in un bel flow veloce e divertente. Ma attenzione! Alla baita manteniamo la sinistra ed entriamo sul sentiero VF2, a circa 8,5 chilometri dall’inizio della gita nel suggestivo contesto del bosco fitto sul ripido versante. Dopo duecento metri iniziamo a risalire per circa 2 chilometri, non è semplice mantenere l’equilibrio e l’andatura tra la pendenza e le rocce scivolose, specialmente nei due piccoli strappetti verso la fine. Ormai siamo a meno di un chilometro dalla meta, arrivati a 800 metri la stradina cambia pendenza ed in meno di 5 minuti raggiungiamo il poggio qualche metro più in basso, facendo attenzione nel tratto più scosceso in mezzo alle rocce.

La visione è favolosa, quasi a 360 gradi, si vede quasi tutto il lago Maggiore da Sud verso Nord e tutto ciò che sta oltre il lato orientale: Campo dei Fiori, Monte Generoso, i piccoli laghi, il San Quirico verso la Rocca, mentre dalla Malpensa si levano gli uccelli di acciaio…. 

La merenda ci aiuta nel reintegrare le forze, in fondo sono solo 11 chilometri, però con circa 400+ e 200- percorsi in poco più di un’ora. Foto di rito e pacche sulle spalle. Sono quasi le cinque e ci attende il ritorno che effettueremo con un paio di varianti sul tragitto appena effettuato.

Innanzitutto ci dirigiamo verso il M.te Cornaggia risalendo per 1,5 km di una cinquantina di metri fino alle confluenze dei sentieri che arrivano da Armeno. Da quì aggiriamo il Toraggia con la dorsale V (V00), altri 600 metri in salita su una gippabile per portarci al punto più alto della nostra gita a 880 metri. Dopo questi primi 20 minuti di relativa fatica, la nostra strada sarà in prevalenza in discesa, saliremo infatti per soli 75 metri nei rimanenti 7 chilometri.

Nella prima parte la strada battuta scende in modo abbastanza scorrevole, poi a ridosso del Roccolo troviamo una parte più tecnica, il sentiero si insinua sul fondo calcareo, è stretto, i salti diventano più importanti ed è necessario bilanciare bene il peso affrontando con la giusta velocità i punti critici. Grande soddisfazione riuscire a mantenere il flow, riprendiamo quindi la via già percorsa all’andata. Dall’Alpe del Bosco ancora due brevi salitelle circondano il vallone recintato e ci conducono all’inizio delle discese per Colazza. Scegliamo la variante più esterna detta “la Rana”, e chi si è visto si è visto. Giù per due chilometri senza fermarsi un attimo godendosi ogni curva, parabolica, passaggi laterali ai salti dei più bravi, pendenze severe, ponticelli, strettoie, radici e massi pericolosi. Adrenalina. Arrivo, è fatta! Attendo con trepidazione mentre i muscoli si rilassano, speriamo non ci siano intoppi. Il vociare allegro mi rassicura, eccoli! Anche loro felici e prodi: “mai messo giù il piede!”. E vai!

Siamo in paese, la fontana ci disseta e rinfresca testa e faccia, facciamo un saluto al farmacista che ci aveva aiutato la volta scorsa e concludiamo l’escursione di un paio d’ore con una bella birra. Da rifare!

Stefano Sacchelli